Aprile è il mese della prevenzione dell’ictus cerebrale, una patologia che colpisce un’ampia fascia della popolazione e che comporta importanti disabilità sia fisiche che cognitive. Per questo è fondamentale tenere a mente alcune indicazioni e applicare semplici accorgimenti che ci permettono di ridurre il rischio di subire un danno cerebrale.
L’ictus, chiamato anche attacco cerebrale, si verifica quando una mancata perfusione ematica provoca la morte del tessuto cellulare della zona interessata.
Esistono due principali categorie di ictus: quello ischemico e quello emorragico. La prima tipologia, quella più diffusa, consiste in un blocco della circolazione sanguigna dovuto principalmente all’accumulo di un coagulo nei vasi. L’ictus emorragico consiste invece in una rottura dei vasi sanguigni: la fuoriuscita del sangue causa un danno ai tessuti circostanti, pregiudicandone la funzionalità.
Secondo l’Osservatorio Ictus Italia, che ha pubblicato nel 2018 il Rapporto sull’Ictus in Italia, nel 2014 (ultimo anno disponibile), le malattie cerebrovascolari sono la seconda causa di morte (9.6%) dopo le malattie ischemiche del cuore. Rappresenta inoltre la prima causa di invalidità. Infatti, solo il 25% dei pazienti sopravvissuti guarisce completamente, mentre il restante 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità.
Il rapporto 2018 indentifica due tipologie di fattori di rischio:
Se non è quindi in nostro potere controllare i primi, i fattori modificabili possono però essere mantenuti a livelli favorevoli nel corso della vita, adottando stili di vita salutari.
Gli studi epidemiologici condotti in questi anni hanno evidenziato come ridurre i fattori di rischio aiuti a ritardare o ridurre il numero di ictus che si verificano nella popolazione. Quasi la metà degli eventi cerebrovascolari potrebbe essere evitata attraverso l’adozione di stili di vita salutari, un controllo farmacologico nei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare e seguendo in modo rigoroso le raccomandazioni del medico.
Alcuni suggerimenti e accorgimenti da seguire:
L’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (A.L.I.Ce.) si occupa delle attività di prevenzione dell’ictus cerebrale: uno dei suoi obiettivi è diffondere l’informazione sulla malattia, il riconoscimento dei primi sintomi e i fattori di rischio. L’Associazione sottolinea l’importanza di fare tutto ciò che è in nostro potere per prevenire eventi cerebrovascolari e aprile è proprio il mese dedicato alla prevenzione di questa patologia. L’associazione solitamente programma attività di prevenzione in punti diversi di molte città, come giornate di screening, conferenze stampa, banchi informativi o di misurazione della pressione arteriosa, della glicemia e la rilevazione della fibrillazione atriale.
Anche in questa situazione di emergenza A.L.I.Ce. ci fornisce alcune indicazioni su come ridurre il rischio di ictus durante la quarantena.
Abbiamo già visto come mantenere un’attività fisica regolare sia un fattore di protezione, pertanto è fondamentale non rimanere inattivi durante questo periodo di restrizioni, anche se le nostre possibilità di spostamento sono limitate. Ci viene suggerito di salire le scale piuttosto che utilizzare l’ascensore quando usciamo di casa, ad esempio quando andiamo a fare la spesa o in farmacia, di sfruttare il proprio giardino, l’area intorno al condominio o la cyclette per chi ne possiede una. Per gli anziani, i quali dovrebbero evitare qualsiasi uscita, si raccomanda di muoversi in casa, dedicandosi alle pulizie, alle faccende domestiche e a qualche esercizio di mobilità delle articolazioni.
Oltre all’attività fisica risulta fondamentale anche l’attività mentale, per allenare le nostre abilità cognitive: leggere, comunicare, scrivere, sfruttare programmi online per la memoria…
Infine dobbiamo mantenere abitudini di vita sane, come osservare un’alimentazione equilibrata, astenersi dal fumo e limitare il consumo di alcolici, monitorare i parametri della pressione arteriosa.
Seguire questi piccoli suggerimenti ci permette di mantenere basso il rischio di incorrere in una patologia potenzialmente fatale o con conseguenze drammatiche.
Fonti:
Dott.ssa Denise Magnago, neuropsicologa